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3 Ottobre 2013


CONOSCIAMO LA CITTA’ – Attilio Marchesini

Notarelle sulla facciata di San Prospero

di Attilio Marchesini

Con la morte nel 1732 di donna Margherita Sacrati, vedova ed erede del conte Giulio Calcagni, il cospicuo patrimonio di quest’ultimo passò alla Fabbrica di San Prospero.
Il lascito era vincolato alla costruzione della facciata della Basilica. Attese, a partire dal 1748 e fino al 1753, all’edificazione dell’attuale grandioso prospetto l’architetto reggiano Giovanni Battista Cattani detto il Cavallari.

Il Cattani, formatosi a Reggio sulle opere del Ferraroni e del Vigarani, risulta fortemente influenzato dall’architetto bolognese Alfonso Torregiani, con il quale in quegli anni ( 1748) collaborava all’esecuzione della facciata di Sant’Agostino.
Il prospetto di San Prospero si presenta come scenario prospettico che chiude lo spazio urbano della piazza; è articolato in due ordini con forte aggetto delle colonne binate, mostra un’impostazione classicheggiante che si fonde con il gusto tardo barocco delle decorazioni giocate su linee ricurve o spezzate.
Piacevolissimo è il contrasto cromatico tra il rosso del laterizio ed il bianco degli inserti marmorei e del ciclo statuario.
Sono 11 le statue eseguite tra il 1749 ed il 1752 da veronese Giovanni Angelo Finali ( 1709 – 1772).
La composizione statuaria non ha pari tra le chiese reggiane e risponde ad un preciso progetto iconografico ben individuato dall’architetto Giancarlo Grassi. Alla sommità si colloca San Prospero con ai lati Santa Gioconda e Santa Caterina da Alessandria. Nel secondo ordine da sinistra San Grisante, San Massimo, San Venerio e Santa Daria.
Al primo ordine Santa Agostina, San Gregorio Magno, Sant’Ambrogio e San Girolamo.
Questa inconsueta commistione tra santi Patroni di Reggio e Dottori della Chiesa trova una giustificazione in una forte polemica che in quegli anni travagliava la chiesa reggiana.
Da tempo nella nostra città si identificava il Santo Patrono con l’omonimo Prospero D’Aquitania, dottore della chiesa. Nel 1746 Padre Camillo Affarosi, abate benedettino del Monastero di S. Pietro, portava a termine la sua opera “Memorie Istoriche del Monastero di S. Pietro”, nella quale, sulla base della documentazione storica si negava l’identità fra i due santi.
A questa tesi rispose immediatamente il padre Servita reggiano Paolo Maria Cardi con la pubblicazione di ben tre lettere riaffermanti l’aquitaneità del nostro Santo Protettore.
E quindi ovviamente immaginabile che il Capitolo dei Canonici della Basilica, nella scelta dei santi da rappresentare in facciata, abbia inteso confutare le tesi dell’Affarosi e riaffermare “nell’eternità del marmo” la corretta presenza di San Prospero tra i “Dottori della Chiesa”.