Amore, storia e fermenti nella seconda metà del ‘700
Famiglia Artistica Reggiana Studium Regiense e il Resto del Carlino, grazie al contributo di un cittadino, mettono a disposizione 1.000 euro per la migliore ricerca approfondita straordinaria figura di Rosa Manganelli, la donna che scatenò la rivolta da cui nacque la Repubblica Reggiana (meglio ancora se sarà una tesi di laurea)
La ricerca dovrà essere consegnata o spedita entro il 30 novembre 2020 alla redazione del Resto del Carlino, via Crispi 8, 42121 Reggio Emilia, cronaca.reggioemilia@ilcarlino.net. Info: 0522/443711.
Le opere saranno esaminate da una commissione composta da Carlo Baldi (Famiglia Artistica Reggiana), Saverio Migliari (capocronista della redazione reggiana del Resto del Carlino) e un professore di storia moderna.
Rosa Manganelli, la donna che scatenò la rivolta da cui nacque la Repubblica Reggiana, «è una figura chiave nella rivoluzione reggiana del 1796 – dice Carlo Baldi – e potrebbe, come la Marianne francese, essere presa a simbolo della Repubblica Cispadana e affiancata alla Bandiera Tricolore. Purtroppo, dalle pubblicazioni anche storiche in commercio molto poco si sa, anche se il suo nome appare spesso in molte decisioni e fatti di questo periodo storico».
L’episodio che rese famosa Rosa Manganelli, di Montecavolo, fu la lite esplosa il 20 agosto 1797 con un soldato estense. Erano giorni di alta tensione per le pesanti tasse imposte a seguito di un armistizio tra la Reggenza nominata dal fuggitivo duca Ercole III d’Este e i francesi. Dalla lite dell’ortolana si accese la rivolta che costrinse le truppe modenesi ad abbandonare Reggio. Il 25 agosto l’albero della Libertà fu alzato in piazza Grande, il 26 nasceva la Repubblica Reggiana.
ECCO IL VINCITORE!!
Lorenzo Bonvicini, studente ventitreenne appena laureato in Storia all’Università di Bologna è il vincitore della borsa di studio sulla migliore ricerca approfondita straordinaria figura di Rosa Manganelli, la donna che scatenò la rivolta da cui nacque la Repubblica Reggiana.
a cura di Lino Rossi
Promossa da Ambasciata del Cile in Italia, Famiglia Artistica Reggiana – Studium Regiense, Liceo Canossa.
La mostra ripercorre il malessere sociale del Cile degli anni Settanta, scolpito nei volti e nelle figure dei bambini, degli uomini e delle donne, alla ricerca di un riscatto e di una dignità perduti lungo una estenuante esperienza di privazioni e di soprusi patiti da intere generazioni. Volti di bambini strappati all’infanzia e consegnati alla vita adulta senza alcuna pietà. Mendicanti di tenerezza e di giusto riconoscimento.
Viene effettuata grazie alla disponibilità dell’Ambasciata Cilena in Italia, a cui vanno i nostri ringraziamenti, la quale ha concesso il patrocinio, insieme al Comune di Reggio Emilia.
F.A.R – Studium Regiense Fondazione
Oratorio San Filippo Neri via San Filippo 14 REGGIO EMILIA
L’INAUGURAZIONE – Sabato 6 maggio 2017
Reggio Emilia – Firenze
19 – 20 Maggio 2016
ORLANDO FURIOSO 1516-2016
Nuovi studio ariosteschi per il quinto centenario dell’editio princeps
INFO:
segreteria@istitutosangalli.it – farstudium@gmail.com
Personale di Marco Bigi
VERNISSAGE
sabato 18 aprile ore 17 Relaziona Prof.ssa Aurora Marzi
Apertura mostra: dal 18 aprile al 10 maggio
ORARI: lunedì – sabato dalle 10-12
INGRESSO LIBERO
Oratorio San Filippo Neri – Via S.Filippo,14 – Reggio Emilia
Le Trame spaziali e musicali di Marco Bigi
La luminosità e la razionale impaginazione spaziale dei segni sono le prime impressioni suggerite dalle opere di Marco Bigi , le sue immagini nascono dalla disposizione sulla tela di inserti provenienti dal mondo esterno , tubuli di cartone e altri materiali poveri ,che nell’insieme formano un intreccio di scultura e pittura. Bigi tende ad azzerare sul piano cromatico la pittura adottando una soluzione monocroma consistente nel ricorso quasi esclusivo al bianco ,un non colore e per questo più vicino alla luce ,la tela viene poi rimodellata ,per superare la piatta bidimensionalità attraverso l’inserimento di oggetti rimodulati con cura e meticolosità dallo stesso Bigi, come sagome tubolari di cartone ,oppure provenienti dal mondo quotidiano ,come i i fiammiferi o gli stuzzicadenti. Nell’insieme questi elementi concreti fissati sulla tela e tinteggiati di bianco formano una trama fitta di segni ,una ragnatele di linee che alludono a composizioni architettoniche come nelle opere intitolate La Città sottile e Miraggio ,che rimandano alle immagini dei grattacieli o delle cattedrali. Bigi ottiene questi effetti plastico-pittorici attraverso un lavoro paziente ,da certosino,come un maestro costruttore erge il suo edificio pietra su pietra ,così Bigi assembla in maniera seriale gli oggetti di” scarto” o quelli confezionati da lui stesso ,riscattandoli dall’essere “cose banali” ,per riconvertirli in una visione differente .Era partito più di dieci anni fa studiando il movimento delle mani ,plasmandole con la plastilina, in un approccio artistico legato inizialmente alla scultura ,in seguito ha iniziato ad elaborare fondi materici ,vagamente informali, ispirati al mondo della natura resa in maniera allusiva e un poco misteriosa ,lo stesso Bigi parla dell’arte del “non vedere”. In opere quali Foresta e Frattura lo sfondo reca ancora tracce di colore steso in partiture tonali, che dialogano con gli inserti materici volti a creare una immagine sospesa e misteriosa . Bigi costruisce delle “scatole” magiche ,che non rivelano del tutto il loro contenuto ,lasciandolo alla fantasia e alla sensibilità dello spettatore. Un rapporto molto stretto si crea tra pittura e musica ,lo stesso autore dichiara di essersi ispirato ai cantautori della sua generazione quali De Andrè e Gaber , ha intitolato un suo quadro Ragnatela proprio pensando a Gaber. Tramite i movimenti ora ondulati, ora a raggiera delle forme lo spazio delle opere di Bigi diviene pulsante ,sembra emettere delle onde ,che vanno al di là degli effetti afferrabili con l’occhio,richiedono l’intervento dell’orecchio ,dell’ascolto. Viste in questa ottica le trame spaziali di Bigi sembrano degli spartiti musicali e forse il biancore dei piani di appoggio , che vuole escludere la sensuale sollecitazione data dal colore, è voluto proprio per concentrare l’attenzione di chi guarda sulle possibilità musicali affidate ad una esecuzione mentale.
Aprile 2015 Aurora Marzi
Marco Bigi nasce a Reggio Emilia nel 1957, attualmente lavora presso uno studio fotografico come addetto al fotoritocco bel settore pubblicitario. “I miei lavori nascono da un percorso che mi ha portato a desiderare di unire vari concetti di pittura e scultura”. Da un lato il concetto di “astratto” come espressione, dall’altro il desiderio che queste forme in qualche modo trascendano il concetto di pittura ma si spostano verso una qualche forma di scultura/architettura. Utilizzando materiali poveri (corde, bastoncini, fiammiferi, cartone, ecc.) cerco di creare un seno di uscita dal quadro, qualcosa che ha vita propria nel creare ombre e luci. Nei pezzi totalmente bianchi questo concetto arriva non disturbato da colori che in qualche modo avrebbero ridotto questo effetto che cambra e muta con il muoversi della luce. “Le mie opere rispecchiano diversi stati d’animo sollecitati dalle musiche di cantautori e dalla realtà quotidiana”